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È meglio la carta o la plastica? La risposta non è scontata

In un mondo complesso quale è il nostro, fatto di economie complesse che non sempre corrono in maniera lineare, facciamo un passo indietro e riflettiamo su quanto sia importante valutare il vero impatto ambientale dei prodotti, specialmente se di largo consumo, e sfatiamo qualche mito. Perché questo ci aiuterà a impattare meno sul Pianeta e in modo più consapevole.

LCA (Life cycle assessment)

Esiste uno strumento, puntuale e preciso, si chiama LCA (Life cycle assessment, ovvero analisi del ciclo di vita). Esso è in grado di  valutare l’impatto ambientale di un prodotto, o di un servizio, lungo tutto il suo ciclo di vita. Dall’estrazione della materia prima fino alle fasi di dismissione, tutto viene matematicamente calcolato. Si tratta di una analisi che prevede rigorosi calcoli quantitativi che comprendono anche l’energia utilizzata in ogni fase e le emissioni prodotte.

In Danimarca il marketing è veramente green

Nonostante le numerose contraddizioni, in linea generale i paesi nordici hanno sempre rappresentato il faro dell’Europa in fatto di politiche ambientali. Non per niente LCA è una metodologia molto conosciuta in quelle aree. Tant’è che l’autorità danese, sulla base di una raccolta di decisioni giudiziarie, ha stilato una serie di raccomandazioni. Raccomandazioni rivolte alle aziende su come praticare in modo corretto e veritiero il marketing ambientale. Questo al fine di garantire al mercato trasparenza e verità. Se per esempio un prodotto viene veicolato attraverso un packaging che viene dichiarato ‘green’, l’azienda danese che lo utilizza dovrà essere in grado di dimostrare che sul suo packaging è stato effettuato il calcolo dell’impronta ambientale.

La prima sentenza per greenwashing in Italia

In pratica, in Danimarca, ciò che viene pubblicizzato dal marketing deve corrispondere al vero e deve poter essere dimostrabile.  In questo modo il confine tra lecito e illecito è tracciato ed è da tutti verificabile. Anche in Italia l’attenzione verso la veridicità degli slogan green sta conquistando terreno. Lo dimostra la prima sentenza per greenwashing emessa nel 2021 dal tribunale di Gorizia contro un’azienda che utilizzava una serie di contenuti informativi ‘verdi’ non supportati da evidenze e fuorvianti. La sentenza ha stabilito che le dichiarazioni ambientali devono corrispondere al vero e basarsi su dati scientifici. Un passo verso il mondo che vorremmo.

Ma torniamo a noi. A noi che desideriamo contribuire a interrompere la discesa rovinosa verso la catastrofe ambientale. A noi che siamo convinti che una comunità di individui consapevoli possa fare la differenza. E allora con questo articolo di blog vogliamo sfatare alcuni luoghi comuni.

La carta è più sostenibile della plastica?

Tanti produttori stanno sostituendo la plastica con la carta pensando di agire in modo sostenibile. Ma non è sempre così. Perché l’imballaggio migliore si conferma essere quello che non c’é. La carta, considerata il materiale ‘eco’ per eccellenza, porta con sé, tra gli altri:

  • il problema della dispersione in ambiente
  • le criticità  dei ‘non eccellenti’ sistemi di recupero rifiuti messi in atto soprattutto dalle municipalità del Centro e Sud Italia.

(A tal proposito trovi sul blog di Sfusitalia.it, che dal 2019 è impegnata a fare cultura sui prodotti sfusi, l’articolo dal titolo: Cos’è lo zero waste e cosa sono i prodotti sfusi).

Chi di noi non si trova spesso davanti all’imbarazzante spettacolo del cassonetto della carta traboccante di cartoni e imballaggi? …

La quantità esorbitante di carta che consumiamo pro capite si accumula accanto ai cassonetti dell’immondizia e non viene quindi inserita nel ciclo dello smaltimento differenziato. Si stima che soltanto nel comune di Roma nel 2021 la quantità di carta lasciata fuori dai cassonetti, e quindi ‘bruciata’, ammonti dalle  80 alle 100 mila tonnellate, di cui il 40% poteva tranquillamente essere avviato a riciclo.

Parallelamente vi è il problema della carta e del cartone che finiscono direttamente nell’indifferenziato per mano del consumatore. In tal senso, a livello nazionale è stato stimato un ammontare di  circa 600.000 tonnellate (dati forniti da  Comieco, il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica).

Inoltre, questo ricorrere alla risorsa carta come materiale sostitutivo della plastica per sentirsi green, ha ulteriormente aggravato una situazione di approvvigionamento di per sé già molto critica. E riconducibile soprattutto ai problemi di sostenibilità ambientale legati alla deforestazione in aree tropicali.

Le shopper in cotone organico sono veramente il simbolo della sostenibilità ambientale?

Le shopper di cotone organico in realtà sono anti-ecologiche sotto diversi punti di vista:

  • il tipo di cotone usato è molto denso e non può quindi essere né immesso nella catena del compost, né facilmente riciclato;
  • la sovrapproduzione di shopper comporta ulteriori criticità allo smaltimento;
  • sulle shopper sono stampate immagini e loghi in PVC. Il che significa che per lo smaltimento occorre prima separare i diversi materiali con conseguente e pesante aggravio di sforzo energetico;
  • la produzione di cotone (necessario per la produzione delle shopper) richiede grandi quantitativi di acqua;

In prima linea ancora una volta sul fronte ambientale, la Danimarca, attraverso il suo Ministero dell’Ambiente e dell’Alimentazione, ha stabilito che per bilanciare il costo ambientale di una shopper, la stessa andrebbe usata almeno 20.000 volte.

Ecco che le aziende che si autodefiniscono ‘verdi’, nel proporre le shopping bag ai propri clienti, dovrebbero effettuare prima un’analisi LCA e poi valutare se continuare a farne uso.

Il vetro: campione di economia circolare e quindi una risorsa da utilizzare senza parsimonia?

Sicuramente il vetro è un campione di economia sostenibile, basti pensare che una bottiglia di vetro può essere utilizzata fino a 50 volte prima di essere riciclata!

Il vetro è anche e soprattutto un materiale naturale che può essere riciclato al 100% e infinite volte.  È inoltre un materiale ‘sano’ in quanto non rilascia alcun tipo di contaminazione sugli alimenti e liquidi in esso contenuti.

Buone notizie anche da parte dell’industria: il settore europeo del vetro piano ha ridotto del 43% le sue emissioni di CO2 dal 1990 ad oggi.

Però, anche nell’utilizzo di questo materiale occorre essere parsimoniosi e cercare di farne un utilizzo accorto, come lo si fa per tutte le altre risorse. Perché anche il vetro nasconde alcune criticità

  • il suo peso specifico, non indifferente;
  • il consumo di risorse legato all’estrazione mineraria e alle alte temperature (1500°C/1700°C) richieste per il processo di produzione;
  • le conseguenze ambientali derivanti dall’estrazione mineraria, tra cui il degrado del terreno e l’emissione di polveri;
  • il rilascio in atmosfera di gas inquinanti sempre legato al processo produttivo.

Nonostante possa sembrare che la carta, di origine naturale, sia più sostenibile della plastica, di origine fossile, bisogna evitare di semplificare il pensiero. Perché, tornando al nostro punto di partenza, la complessità è il segno dei nostri tempi. Quindi, alla domanda  ‘la carta è più sostenibile della plastica?’  la risposta dovrà sempre essere ‘dipende’.

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